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Rino Gaetano, al secolo Salvatore Antonio Gaetano, nacque a Crotone il 29 ottobre del 1950, appena cinque anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale. I suoi genitori erano originari di Cutro e di Isola Capo Rizzuto. In famiglia tutti lo chiamavano Salvatorino ma ben presto venne adottato il più facile ed immediato Rino, soprannome che lo avrebbe accompagnato tutta la vita. Rino crebbe con la nonna Marianna alla quale fu affidato dalla mamma Maria che, oltre a lavorare, doveva occuparsi del marito Domenico che era cardiopatico. Il piccolo Rino, all’età di nove anni, si trasferì con la famiglia a Roma dove frequentò la quinta elementare e la prima media nel quartiere di Montesacro. Appena due anni dopo, fu mandato dai genitori a studiare a Narni, alla Piccola Opera del Sacro Cuore che aveva sede nel castello di San Girolamo. Fu proprio lì che Rino Gaetano, descritto da padre Simeone come un ragazzo sognante, dedito alla contemplazione e sempre attivo in un suo discorso di ricerca interiore che mai l’abbandonava, cominciò a scrivere i suoi primi testi e le prime canzoni, tra cui il poemetto in versi E l’uomo volò e giornaletto satirico Il ficcanaso della sera.
Tornato a Roma, mentre terminava gli studi cominciò ad esibirsi giovanissimo nei locali della capitale e successivamente si dedicò al teatro in qualità di fonico, autore delle musiche, datore luci e attore. Importante fu l’approdo al Folkstudio dove conobbe Antonello Venditti e Francesco De Gregori. Antonello Venditti lo presentò successivamente al produttore della casa discografica it con la quale Rino iniziò un proficuo sodalizio che sarebbe terminato solo con il consensuale passaggio alla R.C.A. nel 1978.
L’ascesa di Rino Gaetano con la R.C.A. dura il tempo di un disco. È il 1980 quando, sconsolato e incavolato, Rino fa visita al suo amico
Ernesto Bassignano che lo ha invitato in una trasmissione di Videouno, la televisione di Paese Sera. Confessa ad Ernesto di non poterne più. La R.C.A. dopo lo scarso riscontro del suo ultimo LP non lo considera più un suo elemento di punta e lui vuole smettere di fare dischi e andare a fare l’artista di strada. In realtà, al di là dello sfogo con Ernesto Bassignano, che cerca di consolarlo, i progetti di Rino Gaetano sono sempre vivi e dimostrano che l’artista è ben lontano dal darsi per vinto. Sempre alla ricerca di nuove strade, ricomincia il suo discorso che peraltro non aveva mai abbandonato pur dovendo concedere qualche cosa alla brama commerciale dei produttori. Partecipa al concept album
Alice e sperimenta con Il
Perigeo Special, inoltre pubblica l’LP
E io ci sto, un album che è più di un testamento artistico e spirituale ed al quale fa mostra di tenere moltissimo come, del resto, è felice e motivato nel partecipare ai
QConcert con
Riccardo Cocciante
e i
New Perigeo.
È concentrato sulla musica, l’acquisto della sua nuova casa, una villetta appena fuori Roma sulla via Nomentana e anche sul matrimonio con la fidanzata Amelia che sta organizzando in maniera riservatissima. L’escalation degli avvenimenti, rapida e spietata, lo porta via alle sei di mattina del 2 giugno 1981. Padre Simeone, il suo tutore di Narni che Rino aveva contattato perché celebrasse il suo matrimonio con Amelia nella chiesa del Sacro Cuore del Suffragio sul Lungotevere Prati, è costretto invece a celebrarne il funerale. La cerimonia si svolge in un clima surreale, presenti pochi colleghi, numerosi amici, un gruppetto sparuto di giornalisti ma anche molti ragazzi con i libri sotto il braccio che invece di andare a scuola sono venuti a dargli l’estremo saluto. Una presenza, quella dei giovani, che già parla a poche ore dalla sua morte dell’enorme attrattiva che Rino Gaetano eserciterà sui giovani del futuro, come lui stesso molte volte, scherzando (o no) con gli amici, aveva predetto.
Nonostante Rino Gaetano sia oggi riconosciuto come il cantautore italiano forse di maggior successo, la strada della celebrità gli fu preclusa in vita per molto tempo. “Colpevole” di voler dichiaratamente operare un’innovazione radicale nella musica leggera italiana, dovette pagare il dazio alla grande coerenza e alla sincerità degli intenti che hanno contraddistinto le sue produzioni, da Ingresso libero, LP datato 1974, fino all’ultimo album E io ci sto del 1980. Per i quotidiani più importanti, infatti, Rino Gaetano fu quasi inesistente fino alla sua partecipazione a Sanremo del 1978 e al conseguente successo di Gianna. Nonostante le fortunatissime parentesi di Ma il cielo è sempre più blu (1975) e Berta filava (1976) parte degli addetti ai lavori e il grande pubblico stentavano a comprendere e a considerare i messaggi contenuti nei testi dell’artista romano-calabrese che era rimasto quindi relegato nel ruolo di cantautore di nicchia.
È stato detto che le sue difficoltà dipendevano anche dal fatto che Rino Gaetano evitava di schierarsi politicamente. In realtà, aveva più volte dichiarato di essere di sinistra ma si manteneva sempre sulla linea della massima indipendenza ed imparzialità e, quando si trattava di colpire e mettere in ridicolo i suoi bersagli, nella politica come nello star system, non risparmiava nessuno. Questa dichiarazione può forse aiutare a capire meglio gli intenti gaetaniani: “Il mio desiderio è di poter essere sempre libero, tutto qui. Non voglio insegnare niente a nessuno, ma non mi piacciono la politica e i partiti. Non faccio comizi. Non faccio proclami… canto e scrivo ciò che sento”.
La cosa che stupisce è che Rino Gaetano, che aveva sempre sostenuto di non sentirsi parte di alcuna scuola, né tantomeno un caposcuola, oggi è a ragione considerato un maestro. La sua musica, come tutta la buona musica, non invecchia mai ed è ancora attualissima ma c’è dell’altro: Rino Gaetano ha dimostrato di essere anche un grandissimo interprete. La canzone A mano a mano, scritta da Cocciante e Luberti e cantata da Rino durante i QConcert del 1981, riscuote attualmente un enorme successo e la maggior parte delle persone è portata a pensare che sia stata scritta dallo stesso interprete. Non è così, ovviamente: A mano a mano è una canzone di Riccardo Cocciante e Marco Luberti che era stata pubblicata nel 1978 nel 45 giri A mano a mano/Storie e poi inserita, nello stesso anno, nell’album Riccardo Cocciante. Fu durante la loro collaborazione nel QConcert del 1981 che Rino Gaetano e Riccardo Cocciante si scambiarono le canzoni. A Rino venne affidata A mano a mano mentre Cocciante si incaricò di cantare Aida. La versione di Rino fu davvero memorabile tanto da diventare al giorno d’oggi la sua canzone più ascoltata sulle piattaforme digitali con numeri da capogiro. Un vero paradosso se si pensa che l’unica altra canzone della quale Rino non aveva scritto il testo era stata Resta vile maschio, dove vai? brano nel quale aveva collaborato con Mogol. Rino cambia il ritmo lento del pezzo di Cocciante in un equilibrato e sentito crescendo riuscendo a far volare la canzone verso altezze che forse neanche gli stessi autori avrebbero mai immaginato. Rino aveva dichiarato: “Non ho mai raccontato una storia d’amore mia, perché raccontare i fatti miei può anche dare fastidio alla donna che sta con me, perché potrei correre il rischio di perderla: a questo punto preferisco perdere la canzone”.
Forse è anche per questo che nel cantare A mano a mano ha sprigionato tutte quelle sensazioni che per anni e anni aveva voluto tenere per sé. Il web è sempre pieno di inesattezze e assurdità: si racconta in un articolo che Rino avrebbe cantato A mano a mano una sola volta, furono invece molte le tappe del tour del QConcert e le trasmissioni televisive dove Il New Perigeo del maestro Giovanni Tommaso, Rino Gaetano e Riccardo Cocciante furono ospiti. Rino cantò quindi molte volte A mano a mano che fu comunque registrata solo dal vivo nei concerti di Pistoia e Novara e non in studio.
Altra canzone ormai diventata una specie di inno nazionale è
Ma il cielo è sempre più blu, il suo primo grande successo datato
1975. Ad inizio pandemia, nel 2020, gli italiani si sono dati appuntamento per cantare tutti insieme dai balconi delle loro case ma non hanno cantato l’inno di Mameli, hanno cantato
Ma il cielo è sempre più blu.
“In questo pezzo – raccontava Rino Gaetano al giornalista di Ciao 2001 Enrico Gregori - ci sono immagini tristi o inutili, ma mai liete in quanto ho voluto sottolineare che al giorno d’oggi di cose allegre ce ne sono poche ed è per questo che io prendo in considerazione «chi muore al lavoro, chi vuole l’aumento, etc.». Due amici di Rino Gaetano,
Antonello Venditti e
Tony Malco, sono gli autori rispettivamente degli inni della Roma e della Lazio. Rino non poteva saperlo ma li aveva preceduti. Ma il cielo è sempre più blu, è stata infatti
eletta dai tifosi della Sampdoria prima e del Crotone poi come inno delle loro squadre con tanto di cantate a squarciagola prima e dopo le partite. È facile immaginare che Rino, tifoso romanista ma amico di tutti i calciatori della Lazio dell’epoca, sarebbe stato molto contento della scelta dei tifosi.
“…è un pezzo sugli emarginati” – spiegava Rino Gaetano ad un giornalista nel 1976 – “mio fratello è figlio unico nel senso di fratellanza universale, figlio unico nel senso di solitudine. Cioè, non è figlio unico uno che ha tanti fratelli, che siamo tutti quanti, visto che siamo tutti quanti figli d’Adamo, però si sente solo, emarginato, perché vive in una società, in un’umanità, che gli consente soltanto di stare solo, soltanto di essere emarginato, non gli consente altre cose…”
Per la prima volta l’emarginato è l’uomo medio, normalissimo, del quale nessuno prima di Rino Gaetano si era preoccupato di indagare la solitudine interiore. Che poi sarebbe uno dei mali più gravi della società, quel “mettersi da parte un po’ l’uno con l’altro” che diventa la macchina del ghiaccio capace di congelare ogni buon proposito di amicizia e collaborazione.
Mio fratello è figlio unico
occupò il lato B del singolo che venne pubblicato per lanciare l’LP mentre per il lato A fu scelta la canzone
Berta filava, una bamba dal ritmo trascinante nella quale Rino Gaetano utilizza simbolicamente la figura di “… una donna moralmente poco raccomandabile per smitizzare i miti nazionali come la patria e la famiglia …” Berta filava verrà ricordata come il secondo grande successo di Rino Gaetano in ordine temporale dopo Ma il cielo è sempre più blu.
“Aida rappresenta tutte le donne da settant’anni a questa parte, quindi la nonna, la mamma, la fidanzata, un’eventuale futura mia figlia. Sono tutte Aide, che hanno sofferto come forse ho sofferto io negli ultimi ventott’anni e come ha sofferto mia madre…”
È il 1977. Nella saletta della it, la casa discografica di Vincenzo Micocci, i pochi addetti ai lavori che stanno ascoltando Rino Gaetano mentre canta un suo nuovo pezzo con la chitarra. Capiscono immediatamente di essere di fronte a una delle più belle canzoni che siano mai state scritte. Il brano in questione si intitola Aida e Rino, nel programma Rai Auditorio A, presentato da Gino Paoli, la introduce così: “Il pezzo prossimo che faccio, è la storia degli ultimi cinquant’anni italiani raccontata attraverso gli amori e gli umori di una donna che si chiama Aida”. “Aida - come spiegherà Rino Gaetano in un’intervista - non è una donna ma sono tutte le donne che raccontano, ognuna per cinque minuti, la propria storia. E chiaramente qui viene fuori la storia di questi settanta anni italiani”. Nel testo sono presenti alcuni riferimenti a personaggi che si sono distinti nella storia italiana anche in modi del tutto diversi. Ad esempio, il generale Duilio Fanali, prima eroe della Regia Aeronautica Militare durante il conflitto mondiale, poi Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica militare e infine, quando era ormai in pensione, incriminato per lo scandalo Lockheed e degradato dal presidente Sandro Pertini. Aida è l’album che contiene la canzone Standard dove Rino Gaetano fa il suo primo elenco satirico di nomi di cantautori e politici, un brano che precede di poco il più famoso Nuntereggae più.
Nuntereggae più è una trascinante e tagliente canzone di protesta e di denuncia e, nonostante l’autore l’avesse descritta come
“…la canzone più leggera che abbia mai fatto”, tratta temi importantissimi partendo dai luoghi comuni triti e ritriti nei quali si dimena l’italica repubblica. Rino Gaetano annuncia di non “reggere” più, cioè, in gergo romano, di non sopportare più gli Agnelli, i ministri “puliti”, il grasso ventre dei commendatori, i partiti, alcuni popolari personaggi televisivi, etc. Sono rimaste famose l’imitazione di Enrico Berlinguer: “Il nostro è un partitto sérrio” e frasi come: “…mentre vedo tanta gente che non c’ha l’acqua corrente e non c’ha niente, ma chi me sente …”.
Era proprio questo il pezzo che Rino Gaetano intendeva portare a Sanremo nel 1978 e non
Gianna, canzone che troppo gli ricordava Berta filava, il suo successo del 1976. Il conflitto interiore di Rino si risolse solo quando
un amico gli fece notare che, se avesse portato Gianna, sarebbe stato il primo cantante a pronunciare la parola “sesso” a Sanremo. “Va bene - disse Rino - ma ci vado a modo mio”. La fotografia dell’ingresso, sul palco dell’Ariston, del Petrolini della canzone, frac, cilindro e papillon con scarpe da ginnastica Mecap ai piedi e un ukulele fra le mani, ormai appartiene alla storia ed è rimasta fortemente impressa nell’immaginario collettivo. Gianna diventerà forse il più grande successo e il disco più venduto di Rino Gaetano.
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