After Life, la serie gioiello di Ricky Gervais - la recensione

Carlo Amatetti • 25 gennaio 2022

La terza stagione di After Life è il suggello a una serie davvero preziosa, originale e in costante e delicato equilibrio tra commozione e risate.

La trama è semplice, essenziale: Tony Johnson (Gervais),  un giornalista di un piccolo giornale locale, il Tambury Gazette, non riesce a superare la prematura scomparsa della moglie. Passa le sue giornate rivedendo i suoi video, combattendo istinti suicidi e depressione. Cosa c'è da ridere in tutto questo? Poco o niente.  Il vero asso nella manica di questa serie - capaci di far svoltare la serie in un diamante umoristico - sono una sceneggiatura raffinata e mai banale e soprattutto uno stuolo di personaggi secondari che vanno a creare un microcosmo che difficilmente ci dimenticheremo. Attorno a questo vedovo di mezza età, cinico ma in fondo dal cuore d'oro, ruotano le vicende di un'anziana vedova, lo stesso cognato di Tony che ne è anche il capo e che ha problemi coniugali (e poca autostima), l'amico fotografo adoratore di junk food, un'infermiera che prova a riscaldare nuovamente il cuore di Tony, un attore fallito, un postino senzatetto, una prostituta, un barbone che vorrebbe fare lo stand-up comedian... Non è la classica serie inglese dai dialoghi serrati: il ritmo è da crociera, con un mare di melanconia capace di incresparsi grazie a battute fulminanti e intuizioni geniali. Insomma, il consiglio è uno e uno solo: correre su Netflix e non perdersi questa perla. 


C’è una scena che ho guardato settanta volte e mi fa sempre scoppiare in lacrime. È la scena in cui Lisa legge la poesia nel sesto episodio, quasi mi strozzo. È una poesia straordinaria e una performance straordinaria ed è questo che mi succede ogni volta. Onestamente, ho sempre amato quella poesia e ho sempre voluto utilizzarla, mi devasta proprio.

Ricky Gervais


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